I locali di Uéffilo
I locali che ospitano “Uèffilo – Cantina a Sud”, ubicati al di sotto del piano stradale fra le vie Paolo Losito e Donato Boscia in pieno centro storico, sono strutturati in tre ambienti del tipo architettonico denominato “cantina a botte”.
La parte più antica (l’attuale cucina) risale al ‘500. Più tardi, nel 1700, contemporaneamente alla costruzione del palazzo soprastante, furono rese comunicanti le altre due cantine. Nell’800, il caseggiato si ampliò cancellando un vicolo attiguo alla costruzione originaria. Per effetto di queste modifiche, fu ricavato un cortile interno ( con pozzo e cisterna preesistenti ), utilizzato molto probabilmente per la custodia dei cavalli: al muro infatti sono tuttora fissati i grossi anelli di ferro, di solito usati per assicurare le briglie. L’intera struttura, adiacente al Castello Normanno-Svevo, fino ai primi del ‘900 ha avuto accessi diretti al Castello stesso, in seguito murati. La parte posteriore della fortezza, quella su cui è visibile la Croce del Sud, per secoli nascosta da piante rampicanti, costituisce tuttora uno dei lati perimetrali del giardino interno (attuale zona estiva del Uèffilo).
Incassati nello stesso muro, si possono ammirare due antichi torchi lignei, perfettamente conservati, che in passato venivano utilizzati per la premitura sia dell’uva che delle olive.
Ultimi proprietari del Castello risultano essere stati i “De Mari” e successivamente i “De Luca-Resta”, che utilizzarono gli spazi interni, come deposito dei cereali provenienti dalle colture dei territori appulo-lucani.
Nel chiostro del Castello, a pochi metri quindi dall’attuale Uèffilo, risulta essersi tenuta, il 31 Maggio 1498, una festa in onore di Isabella Del Balzo Orsini, Principessa di Taranto, di passaggio a Gioia del Colle e diretta a Napoli, dove ad attenderla vi era il marito Federico III D’Aragona, incoronato Re da pochi giorni. Ad ospitare la Principessa e ad organizzare i festeggiamenti furono gli “Schiavoni”, famiglia di gruppo etnico montenegrino-albanese, insediatasi a Gioia nella seconda metà del ‘400. Uno dei cortigiani al seguito della Principessa, il poeta leccese Rogeri De Pacienza, nel poemetto intitolato “Lo Balzino” descrive l’evolversi della festa citando, fra l’altro, nomi dei partecipanti e riuscendo, fra danze e libagioni, a trascrivere uno dei canti intonati per l’occasione dagli ospitanti. A questi scritti si sono dedicati il Prof. Paolillo ed il Prof. Colafemmina dell’Università di Bari, così come risulta dalla pubblicazione “Gioia – una città nella storia e civiltà di Puglia” a cura di Mario Girardi. Lo stesso evento è stato citato anche da Benedetto Croce nella storia dei D’Aragona. Nota curiosa: in alcuni versi del poemetto si fa cenno alla “robustezza” del vino locale…